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Grancia San Demetrio

Il Monastero Grancia San Demetrio


era un'antica antica badìa, dedicata un tempo a Santa Maria dell'Acqua Calda, probabilmente per una sorgente termale presente nelle immediate vicinanze. Donata dai principi Sanseverino ai monaci certosini di Padula, ed eretta a Grancia di San Demetrio nel 1503, diviene una grande azienda rurale condotta dai monaci laici. Ed è proprio all’insediamento dei Monaci Laici che si deve l’appellativo di "Grancia", dal latino “luogo in cui si conservava il grano”.

A Brindisi Montagna, i Certosini si insediarono all’inizio del XVI secolo, quando l’antico Monastero basiliano passava ai Padri della Certosa di Padula (di San Lorenzo), che la eressero Grancia di San Demetrio, alla pari dell'altra Grancia di San Teodoro a Pisticci, coltivando, con saggezza, più di mille ettari. 

L'ex badìa divenne una vera e propria masseria condotta dai Monaci, che lavoravano e coltivavano oltre mille ettari di terreno con saggezza, metodo e ingegno, e che visse il suo massimo splendore nel Settecento. Al suo interno è ancora possibile ammirare l'antica fucina per la trasformazione del latte, le cantine con i palmenti annessi e le grotte dove venivano conservati e stagionati i prodotti caseari.




Le lavorazioni condotte all’interno della Grancia sono note a partire dalle testimonianze storiche che il complesso conserva. Sull’area, infatti, è ancora presente una vasca di raccolta di acqua sorgiva per gli antichi orti, una saponeria per lavare la lana, una conceria, un mulino, un forno a legna, un casone per la stabulazione degli animali al pascolo, e un antico lattodotto per il trasporto rapido del latte appena munto dal Monte Romito direttamente nella fucina dove avveniva la sua trasformazione. La Grancia di San Demetrio è avvolta dalla meraviglia del paesaggio circostante in cui si ergono splendidi ulivi secolari, vitigni autoctoni di Moscato bianco ed erbe spontanee officinali come la malva, l'origano, la camomilla e la liquirizia. Tra i cereali, le varietà di grano duro "saragolla fine", di grano tenero la "maiorica" e di segale la "jermana": tutti grani antichi ancora oggi presenti nel territorio e nei dintorni, che testimoniano la forte influenza dei monaci. Le attività svolte all’interno della Grancia continuarono sino al 1806, quando la legge napoleonica ordinò la soppressione degli ordini monastici, e la Grancia fu dunque acquistata dai baroni Blasi di Pignola. Tornerà al Demanio solo intorno al 1925 quando gli eredi la rivendettero. Oggi, in quei luoghi, tante piccole Aziende Agricole fatte di uomini e di donne, che, forti proprio di quella saggezza, continuano a lavorare quelle terre con la stessa passione e la stessa saggezza conservando le tradizioni e le tecniche di produzione tramandate dalla storia.


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La storia della Grancia


Nel 1462, i fratelli Luca e Roberto Sanseverino, principi di Bisignano,


donarono all'ordine dei Padri Basiliani la badia di S. Maria dell'acqua calda, con il feudo di Pietro Morella, forse per la presenza, in quel luogo, di una falda di acqua termale. I basiliani se ne occuparono per oltre quarant'anni e, all’inizio del XVI secolo, la cedevano ai padri certosini di Padula che la eressero in Grancia di San Demetrio. Del passaggio della chiesa di San Demetrio alla Certosa di San Lorenzo ne parla diffusamente il sacerdote Antonio Sacco. Scarse le notizie che fornisce sul periodo precedente al XVI secolo e cioè prima che la Grancia diventasse proprietà della Certosa di San Lorenzo;


Le prime minuziose descrizioni della Grancia di San Demetrio datano 1728 e sono state redatte da Andrea Maria Micheli, procuratore della Certosa di San Lorenzo e frate Salvatore Lavirasta, granciere di San Demetrio. I due documenti presentano il feudo ecclesiastico come fondo burgensatico dove si amministrava la giurisdizione civile, criminale e mista; la tenuta aveva un’estensione di circa nove mila tomoli di cui un terzo di territorio coltivabile e la restante parte boscosa e rocciosa. Nella parte coltivabile si produceva grano, orzo, avena, veccia e legumi secondo l’uso, largamente in voga nel regno napoletano, della rotazione triennale con un anno di riposo, che consisteva nel seminare, sullo stesso appezzamento di terra, nel primo anno frumento, nel secondo orzo e avena, lasciandolo, poi, un anno a riposo o a maggese nudo o parzialmente coperto da legumi. La parte non coltivabile era dedicata all’allevamento di animali grossi e piccoli e precisamente vi erano: 24 muli; 111 vacche, di cui 60 «figliate» e 51 sterili; 33 vitelli; 15 giovenchi; 12 giovenche; 5 tori; 60 buoi da lavoro; 2 cavalli da sella; 40 giumente; 1000 pecore; 700 capre e 600 maiali, i cosiddetti «neri»; gli animali erano custoditi in ricoveri posti nel bosco e nel frutteto. Nella vigna e orto erano invece allocate le macchine idrauliche del mulino, della gualchiera e della concia per le pelli. L’immobile era organizzato con un cortile centrale; esterna a questo immobile vi era poi la masseria che serviva da abitazione ai lavoratori addetti alla coltivazione ed alla pastorizia e per deposito degli attrezzi agricoli. Sulle rive dell’alto Basento era posta l’antica chiesa di San Demetrio, lunga circa 38 palmi e larga 23, con muri spessi circa due palmi e mezzo. La porta d’ingresso era sul lato e dava direttamente nel podere, da cui si accedeva alla vicina abitazione costituita da un rettangolo di circa 80 palmi per 70. Al lato opposto alla casa c’era una calcara che serviva per i restauri alle fabbriche della grancia.


I certosini in Basilicata


Così come testimoniato dalle fonti bibliografiche, la presenza dei Certosini, in questo angolo interno della Basilicata ha da sempre caratterizzato l’economia rurale del territorio tanto da creare occupazione per più di 50 famiglie, che in primis garantirono forza lavoro presso l’ampio tenimento dei Certosini. Con l’eversione della feudalità di inizio ‘800, queste divennero proprietarie aggregando altri possedimenti e aggregando il territorio così come lo ritroviamo ancora oggi. I Certosini hanno svolto un ruolo di primo piano nella definizione della cultura locale; la ritroviamo nell’innato rispetto per la terra, nella ferrea dieta alimentare che tendeva ad eliminare l'uso della carne, nella gestione agronomica dei terreni, con rotazioni empiriche che garantivano il rispetto e la fertilità dei suoli, nelle tecniche di semina del grano con l’avvicendarsi prima di orzo e poi di una leguminosa sullo stesso terreno; É proprio grazie all’attività dei Certosini, inoltre, che si deve la presenza delle antiche varietà cerealicole, quali la saragolla, il grano ricco, la risciola, la carosella, la maiorica, lavorate secondo tecniche di produzione minuziose e precise che ne hanno permesso la sopravvivenza. Sono proprio i certosini che hanno trasformato e influenzato la tradizione contadina di queste terre, conservata ancora oggi. Non è un caso che nella Grancia di San Demetrio si onori e festeggi San Lorenzo a Settembre, unico luogo in cui la festa è stata posticipata per permettere la partecipazione dei contadini che in tale periodo sono meno impegnati nel lavoro dei campi.


La Foresta della Grancia


Dal giugno 2000 la Foresta della Grancia è diventata il più importante parco storico rurale e ambientale lucano. In estate è possibile assistere al Cinespettacolo "la Storia Bandita"(link), una grande rappresentazione teatrale che mette in scena la vicenda delle rivolte contadine in Basilicata passate alla storia con il termine di "Brigantaggio". Il parco è concepito quale luogo di eccellenza in cui è possibile ritrovare tutti gli elementi simbolici ed evocativi del mondo rurale regionale e rappresenta una vetrina privilegiata dell'artigianato artistico lucano, dei prodotti titpici agroalimentari e delle tradizioni locali. Su un'estensione di 9 ettari si snodano itinerari e percorsi della civiltà rurale, tra eventi spettacolari, attrazioni e animazioni. I costumi, i prodotti tipici, gli antichi mestieri danno vita ad una festosa atmosfera agreste, ove tra artisti di strada, concerti musicali e fantastiche attrazioni per grandi e piccini, si rivive lo spirito di un'epoca riscoprendo le tradizioni, i sapori e i colori della memoria.